LA CITTÀ CHE PARLA

Ma che non sa cosa dire

Ho sviluppato questo progetto come tesi di laurea all’accademia Abadir.

Il mio obbiettivo era mettere in luce le “voci” della città di Catania, gli alfabeti attraverso cui si esprime, e che costituiscono uno dei tasselli che ne compongono l’identità. Per fare ciò mi sono buttata a capofitto fra le vie del centro con la macchina fotografica e ho seguito due percorsi paralleli: uno ragionato, ovvero una ricerca studiata in luoghi rilevanti per la città a livello culturale, artistico o storico, e uno, per così dire, emotivo: seguendo colori, suoni, voci, selezionando, in parte inconsciamente, le immagini del mio reportage secondo la mia visione della città. Una volta raccolto il materiale l’ho selezionato ed utilizzato per la creazione di un alfabeto, che diventa “contenitore” di segni, ognuno dei quali rappresenta una scheggia dell’identità di Catania, e che possono essere utilizzati e declinati all’interno di un sistema visivo aperto.

Il libro di tesi è strutturato in tre sezioni:

  • analitica;
  • di catalogazione (e progetto dell’abbecedario);
  • progettuale.

Nelle prime due, contenute nel primo e nel secondo libro, mi sono concentrata sull’analisi della relazione fra elementi testuali e identità, e nella catalogazione, all’interno di un abbecedario, dei contenuti che ho fotografato. Uno degli elementi fondanti della prima e della seconda sezione è stato quello di mettere in luce gli alfabeti nascosti e correlarli con l’immagine della città. Nell’ultima sezione, invece, ho elaborato alcune ipotesi di eventuali applicazioni dei caratteri dell’abbecedario all’interno di progetti. Queste proposte non sono progetti compiuti ma pretesti dimostrativi di potenziali applicazioni. Il mio obbiettivo è infatti quello di proporre una metodologia, un processo, un modo di ragionare per l’elaborazione di un progetto di identità; non un singolo marchio, ma un sistema aperto che utilizzi il materiale della prima parte della tesi per un’identità fluida all’interno della città: che si tratti di promozione turistica, o di attività culturali, o ancora identità visiva di musei comunali ecc...Un sistema, dunque, che possa essere applicato in modalità varie e in diversi contesti, e declinato in modi sempre “nuovi”, ma che abbia una coerenza interna, che scaturisce dall’uso dei segni provenienti dalla città stessa, le “voci” della città, elementi con cui si ha già una familiarità visiva intrinseca.


LA CITTÀ CHE PARLA was my final project at Abadir Academy.

My main purpose was to put in light the hidden “voices” of Catania: all the fonts, letters, typographic signs that always surround us. All these elements represent a primary part of the identity of the city. I started my analysis by exploring the city with my camera, following a mindful studied route in which I took pictures in places relevant for their historic/cultural/artistic heritage, and a more emotional one, following my memory to create a very personal picture of how I perceive MY city. All the “urban fonts” I collected formed a new alphabet in which every letter represent a splinter of the identity of the city, that can be used and declined in an open system of visual identity.